How to become - Make up artist


 
Tra i lavori creativi più in voga dell’ultimo ventennio, con un ampio raggio di divulgazione mediatica, vi è quello del Make-Up Artist. Oggi non più soltanto confinato nella dicitura di “truccatore”. 
Parlando con Francesca, che esercita la professione da oltre 18 anni, abbiamo capito come in realtà quello che sembra un settore unico va a suddividersi in ambiti estremamente diversi, con formazioni differenti alle spalle e attraverso esecuzioni tecniche talvolta agli antipodi. 
Ci siamo fatti spiegare come funziona nel suo caso il mestiere di Make-Up Artist freelance, tra spose, teatro e campagne aziendali, e come l’avanzare del web stia incidendo su questo mercato e quali sono i suoi consigli, da professionista con esperienza e competenza, per chi volesse avviare questo tipo di carriera.  

Com’è nata e come si è sviluppata la tua passione per questo settore?
Sono sempre stata una persona creativa. Proprio per questo mi è sempre venuto istintivo osservare cose, persone, situazioni e proiettarci sopra la mia idea. 
Ad esempio, la cosa che mi capitava spesso, era di osservare il viso di una persona, notarne le caratteristiche strutturali e gli eventuali “errori” prodotti dalla stessa in termini di makeup, cromie e scelte del look in generale. Dalle sopracciglia sbagliate al taglio di capelli che non valorizza le proporzioni del volto, o il colore dei capelli. Confesso che questa “consulenza in incognito” non l’ho mai interrotta; ho sempre mantenuto questa spinta a “migliorare”, con pochi tocchi, cercando di esaltare le “bellezze” già presenti in un individuo. Sotto questo punto di vista è stata quasi una vocazione, che ha visto tutte le mie amiche come cavie. Ho salvato svariate sopracciglia dopo una chiacchierata alla fermata dell’autobus, soprattutto maschili, cosa che mi riempie di orgoglio.
Il mestiere in sé mi si è rivelato attraverso foto e video che arrivavano da altri paesi: all’estero era una realtà già convalidata, soprattutto negli Stati Uniti, grazie alla portata del bagaglio cinematografico, mentre in Italia la figura del Make-Up Artist (al di fuori di pochi nomi legati al cinema Italiano), non si era quasi vista. 
Mi è capitato così, attraverso una lunga ricerca 18 anni fa, di incappare in una scuola di Londra che si occupava di questo tipo di formazioni professionali. Ovviamente ottenere informazioni non era così semplice, internet non era quello che è oggi, anche solo farsi inviare un catalogo ha richiesto un consistente sforzo di comunicazione da entrambe le parti, colpa anche del mio scarso Inglese dell’epoca. Quando poi ho visto le tariffe dei corsi, folli per quel tempo, ho capito di dover proseguire attraverso altre soluzioni.
È stato allora che una cara amica, a conoscenza di questa passione, mi portò il volantino di una scuola nella mia zona e da lì è partita la mia formazione di base. Dopo quella formazione di base hanno avuto inizio le mie prime esperienze. Il trucco per le amiche, le feste nei locali serali o nei palazzi Veneziani, le prime esperienze in cosmetica, le prime spose. Insomma, i primi passi. Da lì si sono susseguiti altri percorsi formativi: masterclass con professionisti importanti, workshop focalizzate su tecniche specifiche.
Ho seguito anche un corso di effetti speciali che a posteriori mi sarei evitata. In Italia non è una materia molto utilizzata, non abbiamo questo tipo di gusto cinematografico. E’ più legato al cinema straniero, d’azione o splatter, mentre da noi gli FX hanno un raggio di applicazione molto limitato. È una specializzazione che mi sento di sconsigliare al truccatore italiano a meno ché non abbia quello come obiettivo preciso. A quel punto consiglio di rivolgersi ai pochissimi professionisti del settore, probabilmente a Roma ma, anche in quel caso, per sviluppare una carriera ad alti livelli, dovrebbero ambire agli Stati Uniti o al Canada.
Parallelamente ho iniziato a lavorare come consulente in profumeria per vari brand cosmetici, in seguito come International Make-Up-Artist per un brand di lusso. Questa è una cosa che consiglio a tutti gli aspiranti MUA: all’inizio di questo lavoro si finisce per avere la smania di possedere tutti i prodotti possibili ed immaginabili, e lavorare in profumeria ti aiuta a ripristinare un equilibrio tra desideri e necessità oggettive. Si impara a capire come lavorano le richieste di mercato e come molti prodotti corrispondano ad altri; si smascherano le dinamiche del marketing, si impara a dare un valore alle varie categorie di prodotti e, cosa importantissima, si impara gradualmente a leggere l’INCI. Il settore cosmetico è fondamentale nelle prime esperienze, anche perché insegna a realizzare un makeup con pochi prodotti e con la rapidità necessaria ad uno scopo commerciale.

Di quali settori ti occupi principalmente adesso?
Spazio abbastanza tra i settori in realtà: lavoro con case di produzione per la realizzazione di video-spot pubblicitari-cortometraggi; con aziende di vario genere in shooting fotografici dai quali si ricavano i materiali necessari per le nuove campagne, per il web e per sfilate aziendali. Nel teatro faccio parte di un team di professionisti, (truccatori e parrucchieri), che si muovono in base alle produzioni teatrali dell’opera lirica. E infine le spose, settore stagionale che generalmente si concentra tra marzo e ottobre. 
Apro una parentesi sulla moda. Questo è il settore in cui chiunque inizi questa professione vorrebbe entrare, pur non sapendo di che cosa è fatto. All’inizio della carriera da truccatore tutti si immaginano a vivere di sfilate e shooting fotografici di alta moda, ma in realtà è un mondo molto selettivo, stressante e frenetico, e per entrarci è quasi fondamentale spostarsi a Milano, suo epicentro.
Anch’io all’inizio pensavo di volermi orientare unicamente verso quel settore, poi ho capito una cosa fondamentale: i settori che più ci affascinano, non sempre si svolgono in contesti altrettanto appaganti o adatti alla nostra natura umana. 
Lavorare con le modelle è di sicuro appagante da un punto di vista tecnico. Spesso hanno visi dai quali esce il bello con pochi tocchi. La mano del professionista però, deve emergere soprattutto quando si trova a lavorare su persone comuni, se non addirittura difficili: solo con competenza e esperienza si riesce a lavorare su ogni morfologia, età variabili e condizioni dermatologiche particolari; scegliendo i prodotti e le tecniche più adeguate al caso.
Per il mio modo di lavorare mi sento dire spesso che ho la mano leggera, che il trucco c’è ma non si vede. Mi piace ottenere il massimo risultato con poche cose, senza appesantire o nascondere le caratteristiche di un viso. Cerco di tirare fuori ed evidenziare ciò che è già lì: questo mi porta ad un’ovvia propensione verso il trucco beauty, cioè di bellezza, spesso richiesto da clienti private e aziende.
D’altro canto, nel beauty ti interfacci spesso con le spose; con questo tipo di clienti è importantissimo l’aspetto empatico. Per questo le sconsiglio vivamente ai principianti, che potrebbero non avere l’esperienza professionale e di vita per comprendere e gestire le dinamiche emotive e familiari che si attivano nel giorno del matrimonio. 

Dall’altra parte, amo molto lavorare in teatro proprio perché mi forza ad andare contro questa miatendenza. In questo mondo non sto mascherando una persona che deve rappresentare se stessa, ma la sto trasformando nel personaggio che dovrà interpretare in scena. Mi permette di uscire dai miei schemi abituali. 
Nel teatro ho la sensazione di contribuire alla costruzione di un piccolo tassello dell’arte: lavorando nell’opera si entra in contatto con cantanti e professionisti, quando trucchi per l’opera parli con loro, giri nei corridoi e li senti scaldare la voce, guardi lo spettacolo da dietro le quinte. Sono cose che solo i tecnici di palcoscenico possono raccontare. 

Questi due settori così opposti tecnicamente, sono effettivamente la cosa che preferisco. (Il Beauty e Lo Spettacolo). Proprio perché sono così differenti. I prodotti che utilizzi, la tecnica, i tempi di esecuzione. 

Come funziona all’effettivo il tuo lavoro?
Partiamo dicendo che in questo mestiere è necessario essere un buon imprenditore di se stessi, e io forse non lo sono. Per compensare questo mio poco amore verso il marketing e la mia tendenza a selezionare sempre di più il tipo di richieste che ricevo, cerco di portare avanti parallelamente anche altri interessi, mi muovo in altre direzioni creative. Questo per far sì che il mio lavoro non divenga un’attività fine a se stessa, finendo per togliergli il valore emotivo e creativo che c’è dietro. 
Così è bello ma dispersivo: la società attuale richiede che ci si identifichi in un mestiere specifico, e questo non sempre lo permette. Però a me piace seguire il cuore. 
Per quanto riguarda la parte pratica, è un mestiere che non ha orari fissi. Un truccatore può lavorare 5 ore ma nell’effettivo essere sul posto per oltre 10 ore tra convocazioni, prove, assestamenti ecc. Dipende dal settore. Nel teatro si hanno degli orari di convocazione per preparare gli artisti, che spesso si modificano in base al numero di persone e tempi scenici. Poi si rimane per tutto lo spettacolo, generalmente siamo gli ultimi ad andar via insieme ai tecnici di palcoscenico. Nei servizi fotografici valgono le 8 ore + pausa classiche, per i video gli orari sono più dilatati.
Una cosa fondamentale è crearsi una buona rete di colleghi con cui confrontarsi su prezzi, tempistiche, preventivi, tecniche, materiali. 
Io porto da sempre avanti l’idea dell’alleanza: creare affiatamento con colleghi di pari livello di  competenza e d’esperienza con cui confrontarsi, è fondamentale. Un’abitudine diffusa nel settore, è di passarsi il lavoro tra colleghi nel caso in cui non si sia disponibili, per questo è importante far parte di un circuito di professionisti di cui si conoscono qualità, caratteristiche professionali e affidabilità. 
Soprattutto in questo periodo di visibilità del trucco tramite i social, (che però è ben diverso dal mestiere vero), è facile che potenziali clienti si facciano abbagliare da persone con grande visibilità data dai followers, ma con una formazione tecnica discutibile, che in quanto a competenze ed esperienze lasciano molto a desiderare. Queste persone spesso si buttano nel settore con tariffe che sminuiscono il settore dei professionisti veri, o al contrario, forti della loro visibilità come influencers, propongono cifre che non sono coerenti con la loro qualità professionale. Diciamo che il social è un po’ croce e delizia in ogni mestiere. Questo tirare sul prezzo o sopravvalutarlo in modo incoerente diventa un problema che ora abbiamo noi professionisti ma che un domani pagheranno loro stessi: stanno abituando il mercato a tariffe che non sono coerenti con una professionalità ed un’esperienza maggiore. 

Hai nominato la formazione: tu che percorso consigli? 
Come prima casella da spuntare, è necessaria una formazione tecnica di base come Make-Up Artist ed è importante che questa sia realmente ricca di contenuti, non di fuffa. Purtroppo ci sono molti corsi di scarsa qualità in giro, o scuole che da anni ormai hanno perso il loro prestigio formativo, mantenendo solo il fascino del nome storico. I corsi da un  weekend non valgono nulla: è necessario un monte ore importante per acquisire le basi del mestiere.
Una volta ottenuto un attestato dignitoso, si è compiuto il primo passo, e il resto della formazione dipende dal settore. 
Per quanto riguarda la scelta di quest’ultimo, dipende dall’interesse personale e dalla capacità oggettiva: spesso è la tua mano a darti l’indirizzo. Se, ad esempio, non riesci a lavorare con le spose perché hai la mano pesante o manchi di empatia, sarà lo stesso settore a tagliarti fuori. 
Ovviamente per approfondire ambiti diversi ci sono percorsi diversi. Per la moda ed il settore Beauty è bene pensare a dei workshop o delle masterclass con MUA accreditati, perché possono istruirti su argomenti che nella tua precedente formazione di base sono trattati in maniera accademica e superficiale.

Un ottimo modo per avviarsi è quello di proporsi come assistente ad un professionista del settore di interesse. Per farlo è necessario poter esibire un minimo di portfolio, delle foto interessanti tecnicamente, realizzate da fotografi professionisti, lavori retribuiti e via dicendo. Stare al fianco di un vero professionista ti darà una spinta in più anche solo guardandolo lavorare, tra consigli, confronti, contatti. Soprattutto ti permette di conoscere nell’effettivo il mondo che ruota intorno a questo mestiere. E’ importante imparare a riconoscere le figure con cui ci si interfaccia, tra fotografi, stylist, produttori, agenti, registi e via dicendo: sono cose che vengono con il tempo, e si imparano più velocemente muovendosi sul campo affiancando qualcuno che è realmente inserito. 
E’ opinione condivisa tra i colleghi, che un truccatore professionista possa ritenersi tale solo dopo la necessaria esperienza in vari settori e 5/10 anni di lavoro attivo. E’ quello il tempo che ti permette di fare le dovute esperienze, metterti alla prova, scoprire il tuo settore. 

Quali sono 3 caratteristiche di te che credi ti siano utili nella tua professione?
  1. L’empatia: c’è qualcosa che arriva alle persone e mi arriva dalle persone. Non si può spiegare: viene colta solo se c’è da entrambe le parti, se si è interconnessi.
  2. La creatività. Non solo nel lavoro di Make-Up Artist, ma in senso generale. La voglia di creare, costruire, cambiare, modificare. Mi è stata d’aiuto tante volte per avere l’idea giusta al momento giusto, e ringrazio di avere questo dono. 
  3. La padronanza della mia professione: saper motivare perché una cosa va fatta in un certo modo. Questo si slega dal gusto personale. E’ importante che il cliente sappia che stai facendo ogni cosa con cognizione di causa, argomentando aspettative e potenziali risultati sulla base di ciò che si ha a disposizione. Tipo di luce, pelle della modella, caratteristiche del suo viso ecc.. Per essere un professionista devi essere in grado di fornire soluzioni sulla base dell’esperienza. 

Che consigli daresti a chi vuole intraprendere questo percorso?
Chi si approccia per la prima volta a questo mestiere deve sapere che deve fare i conti con l’incertezza e con momenti di sconforto. L’incertezza non fa star bene nessuno, già quando si ha un lavoro precario, figuriamoci quando lo hai e non rende in modo costante. Possono esserci mesi con pochissimi servizi e altri in cui non hai tempo neanche per dormire. È difficile conciliarlo con impegni fissi esterni, lo yoga del martedì, le vacanze, la serata con il fidanzato.. Nessuno te lo dice, ma è importante saperlo.
È necessario, in questo periodo, avere l’occhio per i social: chi sa creare contenuti di qualità anche da un punto di vista fotografico, chi ha l’occhio giusto per questo tipo di spazi, parte avvantaggiato. Il tutto deve però essere supportato da un’effettiva qualità e competenza.
Altro dettaglio importante, in questo mestiere non si può non essere in grado di sostenere una conversazione e trattativa con clienti stranieri. Una buona padronanza della lingua Inglese è fondamentale.
L’ultima cosa che ritengo fondamentale è l’importanza della lealtà. In questo lavoro come nella vita, nessuno deve poter mettere in dubbio la tua qualità deontologica. Non ripaga soffiarsi i clienti, o sorpassare un collega con un preventivo inferiore. Se un collega ti cede un servizio perché è già impegnato e questo cliente poi ti ricontatta senza passare per il primo collega, la prima cosa da fare è contattare quest’ultimo. 
È proprio per questo che, come dicevo prima, è importante crearsi un circuito, una rete di collaborazione. Ti servirà sempre essere circondato di altre persone corrette. 
Se dai qualità e lealtà, riceverai qualità e lealtà. 


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