Storie di vita all'estero - Mollo tutto e vado a Berlino




 ‘Mollo tutto e vado a Berlino’

Chi non l’ha pensato almeno una volta? Chi non si è mai guardato allo specchio e si è detto ‘ma io, ancora qui, che ci faccio? - Mollo tutto e parto’? 

Chi non ha mai fantasticato tra siti di viaggi, opportunità lavorative all’estero, guardando quella valigia impolverata poggiata sull’armadio, facendosi due conti di quello che ha e quello che vorrebbe avere. 

Oggi vi raccontiamo di chi l’ha pensato, se lo è detto e poi lo ha anche fatto: Sofia, 24 anni, originaria di Ancona che ormai da due anni vive a Berlino, dove attualmente lavora in una pasticceria italiana, dopo un’iniziale esperienza come ragazza alla pari. 


Andiamo subito al sodo: come hai deciso di partire?


Iniziamo dicendo che è stata una decisione molto istintiva. 

Durante gli anni dell’università ho vissuto da fuorisede a Macerata, quindi mi sono abituata per tre anni ai miei spazi, la mia vita, casa mia insomma. 

A Febbraio 2020 mi sono licenziata dal lavoro da cameriera che facevo per arrotondare, pensando che avrei trovato facilmente qualcos’altro; poi è arrivato il covid e sono rimasta bloccata a casa, ad Ancona, con la mia famiglia, senza possibilità di lavorare. Ho continuato a studiare, ma tra lo stare a casa, la camera condivisa con mio fratello, gli esami online e ovviamente zero euro si è andata a creare una situazione abbastanza stressante, faticosa. 

Già da anni avevo il pallino di fare la ragazza alla pari come scusa per andarmene, ci pensavo dal liceo ma poi per paura non ero mai riuscita a partire veramente. Così quasi per gioco mi sono aperta il profilo sul sito, non sapevo neanche come funzionasse; il giorno dopo mi avevano contattata tantissime famiglie. 

Anche la scelta del paese è nata per scherzo: all’università ho studiato lingue e ho sempre avuto un po’ la maledizione dell’esame di tedesco, l’ho studiato male, non riuscivo a passarlo; così con questo peso che incombeva ho detto alla mia migliore amica ‘sai che c’è? Me ne vado a fare l’au pair in Germania, senza conoscere la lingua’. Per coincidenza, tra le varie destinazioni europee che avevo inserito sul sito, mi hanno contattata solo famiglie tedesche. 

In quel periodo avevo iniziato a fare le consegne per un ristorante, l’unica prospettiva che vedevo era fare la stagione in una località balneare quindi un’altra estate di stress; insomma, non avevo niente da perdere. 

Una delle famiglie ad avermi contattato era da Berlino, e la grande città era qualcosa che avrei voluto provare, così ho preso la palla al balzo. 

Sono partita a Maggio 2021, ho passato 14 mesi con questa famiglia mezza italiana e mezza tedesca (il che aiutava perché comunque parlavano italiano in casa), e una volta finita quell’esperienza ho deciso di rimanere. 


Dicci un po’ della tua esperienza come ragazza alla pari!


I primi step per fare l’au pair sono quelli che trovi sul sito internet: crei il tuo profilo un po’ come quello di un social network (inserendo qualcosa di te, le tue esperienze, da dove vieni), e questo è visibile così come quello delle famiglie, permettendo di creare contatto da entrambe le direzioni. 

Quando ti contatta una famiglia vedi un po’ le informazioni che hanno inserito, come quanti figli hanno, quali sono le loro esigenze, chi sono, e sta a te eventualmente accettare. 

Il compito del sito finisce lì: una volta che sei in contatto con la famiglia ospitante ti ci conosci autonomamente, tra chat e videochiamate; tutta l’organizzazione avviene in maniera privata. 

Si tratta proprio di accordi tra persone, non ci sono regole scritte. 

Nel mio caso specifico ad esempio mi hanno detto di avere necessità da Maggio, ci siamo accordati perché mi pagassi io il volo e loro tutti i tamponi necessari, e sono partita. 


In un rapporto di au pair ideale (come è stato il mio sotto questo punto di vista) le esigenze comunicate inizialmente corrispondono a quello che effettivamente ti trovi a fare; conosco però tante persone alle quali inizialmente era stato richiesto solo un ruolo di baby-sitter mentre una volta lì si sono trovate ad essere praticamente delle colf. Nel mio specifico caso io il massimo che facevo in più era cucinare quando i genitori lavoravano tutto il giorno, caricare la lavastoviglie, poco di più. 


Ovviamente è stata un’esperienza di alti e bassi: la cosa che mi ha messa più in difficoltà era avere a che fare con persone davvero benestanti che spesso non comprendevano a pieno le mie necessità, sopratutto organizzative; era come se vivessero in un’altra sfera dove le problematiche logistiche comuni non sempre arrivano. 


Sicuramente mi è stato molto utile il rapporto che si è creato: in una Berlino in piena crisi degli appartamenti, dove i prezzi sono schizzati alle stelle e tante persone si trovano a vivere in ostelli, loro hanno comprato un appartamento e, una volta ristrutturato, me lo hanno affittato. È dove vivo ora. 


E una volta finita l’esperienza da ragazza alla pari? Come hai deciso di rimanere?


Era un momento di confusione, durante il periodo da au pair mi sono laureata in Italia e non sapevo bene come proseguire. 

Non volevo tronare in Italia, i salari e le opportunità sono così maggiori qui che lì.

Prima ho pensato di iscrivermi ad una magistrale qui, per avere la scusa di rimanere, ma non c’era nulla che volessi veramente fare e sarebbe stato un po’ un tappabuchi oltre ad impedirmi di lavorare full time per portare avanti gli studi. In più questi sarebbero stati in tedesco, lingua che ora parlo ma comunque non a livello universitario! 

Mettendo la situazione sui piatti della bilancia ho capito che non ne valeva la pena, e ho deciso di vedere come avrei reagito al mondo del lavoro full time. Ora sono orientata verso tutt’altro e sto bene così!


Pensi di rimanere a Berlino o vorresti spostarti? E in quel caso, torneresti in Italia?


Il mio ragazzo si è trasferito qui per me, ora conviviamo e lui odia Berlino. 

Ogni tanto ne parliamo, ci chiediamo se rimanere qui o spostarci in un futuro, e l’unica cosa che gli dico sempre è che possiamo andare dove vuole e fare quello che vuole ma non sono disposta a tornare in Italia, non nell’Italia di oggi almeno. 


Per il resto Berlino non è la città della mia vita, si prende tanto, a lungo andare ti uccide. 

Ho vissuto i primi 14 mesi nella mia isola felice, il quartiere ricco, residenziale e vicino al centro; pieno di famiglie tedesche e poco altro, con un unico club che portava un po’ di vita nel weekend. Poi ho avuto lo shock di trasferirmi e spostarmi nel quartiere turco - non il quartiere turco bene, ma quello complicato, tra tossicodipendenza, criminalità e quant’altro. 

Il fatto che sia una zona in crescita come nuovo quartiere hipster della città lo rende solo più costoso, quando nella pratica le condizioni non sono migliorate. Il mio appartamento è carino ma in un palazzo vecchissimo, quando cammino il pavimento balla e quello del piano di sotto si lamenta. 

Sicuramente il lato abitativo è un grande problema di Berlino: come dicevamo prima c’è una crisi degli appartamenti quindi stanno costruendo tantissimo puntando più sulla quantità che sulla qualità per poter ad accogliere tutte le persone che stanno cercando casa qui in questo periodo. 

La Brexit ha dato un bel colpo: tanti di quelli che vivevano a Londra si sono spostati qui  e la città non era pronta.


In ogni caso Berlino è una città con forte disparità tra quartieri, tra zone, tra est e ovest: per farti un esempio pratico io prendo la metro sotto casa in una stazione che mi fa paura perché piena di tossici e di criminali, ma in due fermate sono in centro; in nove minuti sono dove abitavo prima. 


Non è un posto facile in cui vivere, sicuramente quello della tossicodipendenza è un problema che vedo molto da vicino, e in questo periodo invernale buio, freddo e lungo tutto contribuisce. 


Poi ovviamente ha tanti lati positivi: il salario minimo è a 12 euro, si è super tutelati, la vita costa poco. Trovi di tutto, sia come persone da tutto il mondo con le loro storie e le loro esperienze che ti permettono di fare incontri interessanti, sia dal punto di vista culturale: è una città vivissima tra mostre, arte, teatro, concerti, ristoranti. 


Com’è la tolleranza dei tedeschi verso gli stranieri?


Dipende in che quartiere vai. Nel mio quartiere non ci sono tedeschi ma principalmente mediorientali, infatti è pieno di supermercati turchi molto economici e con frutta e verdura migliore rispetto agli standard tedeschi. Mi piace vivere in un quartiere del genere. 

I tedeschi in generale, anche in zone centrali dove sono ovviamente più concentrati, sono abbastanza tolleranti. 

Ci sono un paio di quartieri periferici, nell’ex Berlino est, dove a seguito di dopoguerra e poi divisione della città, sono finiti a vivere tutti gli ex-nazisti. Le aggressioni a sfondo razziale avvengono principalmente lì. Diciamo che cerchi di evitarli!


Come vivi la lontananza da casa?


Ci sono cose che mi mancano: la mia famiglia, certo, dopotutto è il motivo per cui non sono partita prima. 

Una cosa comune a tanti italiani qui è la nostalgia di frutta e verdure: non riesci ad abituarti perché in Germania ci sono solo tre tipi di frutta e tre di verdura; so che sembra stupido ma ci sono giorni in cui mi manca davvero!

All’inizio è stata più dura, ora mi sto abituando: credo sia più il fatto di affacciarmi per la prima volta alla vita da adulta che non il ‘dove’ ad influire. Devo ancora trovare il mio ritmo, capire come organizzarmi e fare tutto. 


Abbiamo chiarito che non si sa ancora dove saranno, ma quali sono i piani futuri?


Parlando con il mio ragazzo, prima così per dire e poi in modo sempre più concreto, abbiamo pensato che ci piacerebbe aprire qualcosa di nostro un domani, magari un bar, un caffè. Non sappiamo ancora dove e per ora l’idea è ancora molto astratta, però sta pian piano prendendo forma. 

È per questo che sto lavorando in questa pasticceria, mi sono detta che intanto non mi fa male fare esperienza nell’ambito, imparare il più possibile. Ho la fortuna di farlo in un posto in cui mi trovo bene con titolari e colleghi, che sicuramente aiuta. 

Ovviamente ancora è tutto nella nostra testa e per portare avanti il nostro piano servono soldi, tempo, un sacco di cose, però è il programma più concreto che ho in questo momento! 


3 caratteristiche di te stessa che ti sono state e ti sono utili in questo percorso:


Essere istintiva, avere spirito di adattamento ed essere curiosa. 


Un consiglio che daresti a chi vuole intraprendere questo tipo di percorso:


La cosa che mi ha detto mia madre prima di partire: non aver paura di fallire. È la cosa che mi ha dato la forza di mettermi in gioco: male che vada ci ho provato, è un’esperienza. Non avere paura di fare un passo indietro, ricalcolare e ributtarti in una direzione diversa. 

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